Il grano è un alimento molto diffuso ed è parte essenziale della dieta mediterranea. In alcune circostanze, però, può essere responsabile di patologie per l’uomo. Esse sono essenzialmente di tre tipologie: 1) l’allergia al grano, 2) la celiachia e 3) le sensibilità al glutine non celiaca.
L’allergia al grano
L’allergia al grano è frequente nei bambini nei primi anni di vita e si manifesta prevalentemente con sintomi gastrointestinali (dolore addominale, vomito, scariche diarroiche) e con sintomi cutanei (eritema e prurito). Nei casi più severi si possono avere anche sintomi respiratori fino ad arrivare all’anafilassi.
Nell’adulto la manifestazione allergica più frequente è la così detta allergia al grano esercizio dipendente. Si tratta di una forma di allergia che si manifesta solo se, oltre all’assunzione del grano, è presente un co-fattore e cioè uno stimolo che può scatenare la reazione allergica. Tale stimolo è in genere l’esercizio fisico, ma anche assunzione di alcol o di farmaci anti-infiammatori possono fungere da stimolo. L’altra forma di allergia al grano dell’adulto è la rinite o l’asma del fornaio. Si tratta di una malattia professionale di tipo respiratorio presente nei soggetti addetti alla panificazione o alla produzione di prodotti da forno.
La celiachia
La celiachia è una malattia autoimmune scatenata, in persone geneticamente predisposte (HLA DQ2/DQ8), da una proteina presente nel grano chiamata gliadina. Nei soggetti celiaci si ha una alterazione della mucosa intestinale che porta ad appiattimento dei villi e quindi ad un malassorbimento di vari elementi, in primis il ferro. Tale patologia è abbastanza frequente e interessa circa l’1% della popolazione generale. Il rischio è più alto nei parenti di soggetti celiaci o soggetti con altre malattie autoimmuni (es. diabete tipo I, tiroiditi autoimmuni).
La clinica della celiachia è la più variabile e può presentarsi sia con sintomi intestinali che con sintomi extra-intestinali. Il più frequente è l’anemia dovuta allo scarso assorbimento del ferro, ma spesso i soggetti con celiachia presentano afte del cavo orale, edemi, alterazione dello smalto dentario e delle unghie, manifestazioni cutanee (dermatite erpetiforme), cefalea, sintomi neurologici (atassia, neuropatie periferiche), sintomi psichiatrici (ansietà, depressione), sintomi muscoloscheletrici (osteoporosi, dolori muscolari), infertilità, aborti ricorrenti. Molti soggetti, però, non hanno sintomi o hanno sintomi sfumati e vengono diagnosticati in quanto parenti di soggetti con celiachia o appartenenti a popolazione a rischio.
La terapia della celiachia è la dieta priva di glutine, molecola che si trova anche in segale e orzo. Non contengono glutine il riso, il mais e l’avena e il grano saraceno. I grani antichi, o il farro, ora molto pubblicizzati, contengono anch’essi glutine e non possono essere assunti dai celiaci.
La diagnosi di celiachia è oggi facilitata grazie alla disponibilità di un test che si esegue su siero, molto sensibile e specifico (anticorpi anti-transglutaminasi). La positività di tale test a un valore elevato è ora sufficiente per porre la diagnosi di celiachia nei bambini senza necessità di eseguire una biopsia intestinale.
Sensibilità al glutine non celiaca
Si tratta di una forma di intolleranza al glutine che presenta sintomi intestinali o extra-intestinali che possono mimare quelli della celiachia, in cui sia l’allergia al grano che la celiachia siano state escluse.
Purtroppo ad oggi non esiste nessun test sierologico o strumentale che possa essere utilizzato per la diagnosi e non si conosce il meccanismo che porta alla comparsa dei sintomi.
L’unica possibilità diagnostica è di eseguire, in soggetti in cui siano state escluse allergia e celiachia e in cui ci sia il forte sospetto che il grano sia la causa dei sintomi, dei test di eliminazione del grano dalla dieta per 4-6 settimane. Se ci sarà un significativo miglioramento dei sintomi, la diagnosi è probabile e andrà confermata da successivi test di scatenamento.
Articolo a cura di Danilo Villalta, SC Immunologia e Allergologia di laboratorio, Ospedale S. Maria degli Angeli, Pordenone