Articolo a cura della Dottoressa Maria Chiara Braschi, Dirigente Medico presso SOSD di Allergologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche, Ancona.
L’incidenza dell’allergia e la categoria di farmaci più coinvolta
L’allergia a farmaci nelle donne in gravidanza è una condizione riportata nell’8% di questa popolazione e, tra i farmaci, la categoria maggiormente coinvolta è quella degli antibiotici beta-lattamici, in particolare le penicilline. Analogamente a quanto riportato nella popolazione generale, circa il 90% delle pazienti in gravidanza non è veramente allergico e potrebbe tollerare l’assunzione delle penicilline.
Quando vengono utilizzate le penicilline in gravidanza?
In gravidanza, le penicilline sono antibiotici di prima linea nella prevenzione e nel trattamento di numerose condizioni: infezioni del tratto urinario, profilassi del taglio cesareo, febbri peri-partum, mastite e profilassi nella rottura prematura delle membrane. Inoltre, le penicilline vengono utilizzate nella profilassi intra-partum della colonizzazione da Streptococco di gruppo B (GBS), principale causa di infezione nei neonati.
Le allergie alla penicillina in gravidanza sono sempre reali?
Data l’evidente utilità e necessità di somministrare le penicilline, le donne in gravidanza etichettate come “allergiche alla penicillina” si trovano nella situazione di avere maggiori probabilità di ricevere antibiotici alternativi non sempre di uguale efficacia e associati a complicanze, e un aumentato rischio di insorgenza di infezioni da patogeni resistenti a farmaci. Inoltre, le donne trattate con regimi antibiotici alternativi per una presunta “allergia alla penicillina” risultano avere ricoveri di maggior durata con incremento dei costi sociali.
Tutto ciò appare problematico anche alla luce del fatto che molte donne in gravidanza che credono di essere allergiche alle penicilline non hanno mai effettuato una specifica valutazione allergologica: normalmente 9 persone su 10 tra coloro che pensano di essere allergiche, in realtà non lo sono.
Quando l’allergia alla penicillina non è certificata da un allergologo
La maggior parte delle diagnosi di ipotetica “allergia alla penicillina” viene effettuata durante l’infanzia e si riferisce a reazioni di natura non allergica: molte volte, la reazione riferita è chiaramente incoerente con una vera allergia, come nausea, mal di testa, vomito o diarrea isolata. In altri casi, la manifestazione più frequentemente riportata in seguito all’assunzione della penicillina nell’infanzia è il rash cutaneo (eritema): le infezioni virali sono la causa più comune di eruzioni cutanee nell’infanzia e l’eritema cutaneo indotto da virus o le interazioni farmaco-virus possono essere erroneamente diagnosticate come “allergia alla penicillina”. In altre circostanze, il farmaco è semplicemente evitato per una “storia familiare di allergia alla penicillina” che non ha alcuna relazione con il rischio di vera allergia all’antibiotico. Tuttavia, la paziente viene etichettata come “allergica alle penicilline” e questa classe farmacologica esclusa dalle opzioni terapeutiche.
Come si certifica un’allergia alla penicillina?
La valutazione dell’allergia alla penicillina, che include un’adeguata raccolta dei dati anamnestici, l’eventuale diagnostica cutanea e/o sierologica e, in casi selezionati, il test di esposizione orale, è sicura nella popolazione generale, ma richiede ulteriori accortezze nella donna in gravidanza.
In questo gruppo, la valutazione specialistica punta a identificare le reazioni compatibili con una possibile reazione allergica ad antibiotico: infatti, le reazioni avverse ai farmaci possono essere classificate come effetti avversi attesi da tossicità, effetti collaterali o interazioni tra farmaci, e come reazioni di ipersensibilità, che riconoscono vari meccanismi d’azione. In quest’ultimo caso, è fondamentale valutarne il livello di rischio (basso, alto, anafilassi o comunque grave reazione avversa).
Per le pazienti con una storia di reazioni da ipersensibilità lievi o moderate a penicillina, come eruzioni cutanee o orticaria, i dati della lettura indicano la possibilità di eseguire di test cutanei, dopo attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio, con le modalità e le tempistiche che normalmente vengono attuate nella routine clinica della gestione dell’allergia a farmaci, ma avendo cura di procrastinare questa procedura dopo il primo trimestre di gravidanza.
Al contrario, in presenza di sintomi severi come anafilassi o grave reazione avversa cutanea, la diagnostica allergologica in gravidanza NON è raccomandata.
Un tale approccio ha lo scopo di offrire la migliore assistenza durante un’importante e delicata fase della vita di una donna.
Come gestire l’allergia ai farmaci in gravidanza
Per la corretta gestione dell’allergia a farmaci è necessario che ci sia sensibilizzazione da parte di tutti i medici al fine di orientare le persone con “allergia a farmaci” verso strutture che abbiamo la possibilità e le competenze per affrontare correttamente la problematica, nelle donne in particolare prima di una gravidanza. Infatti, del tutto recentemente, molti Autori invitano a inserire la valutazione allergologica nei soggetti che riferiscono allergia a farmaci già nella fase precedente l’avvio di una gravidanza.
- Erica S. Shenoy, Eric Macy, Theresa Rowe, Kimberly G. Blumenthal. Evaluation and Management of Penicillin Allergy. A Review. JAMA. 2019;321(2):188-199.
- ACOG Committee Opinion. Prevention of Group B Streptococcal Early-Onset Disease in Newborns. Obstetrics & Gynecology 135, no. 2, February 2020
- Kimberly G. Blumenthal, Erica S. Shenoy. Penicillin Allergy in Pregnancy. JAMA. 2020 Mar 24;323(12):1216.
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