L’esofagite eosinofila (EoE) è una patologia cronica dell’esofago di tipo immuno-mediato, caratterizzata da un’infiammazione in cui predomina un particolare tipo di globuli bianchi, gli eosinofili [1].
L’EoE rientra nel gruppo delle malattie gastrointestinali primarie di tipo eosinofilo (EGID) in cui sono presenti anche forme, meno frequenti con interessamento degli altri tratti intestinali.
La malattia può esordire sia in età pediatrica che in quella adulta con maggior prevalenza nel genere maschile. Vi è sicuramente ereditarietà e una forte componente genetica in associazione a fattori ambientali.
EoE: incidenza e prevalenza
L’incidenza di EoE ha evidenziato un sostanziale incremento nel tempo passando da 0.35 casi /100.000 per anno del periodo 1991–1995 a 9.45 casi /100.000 per anno del periodo 2001-2005 [2].
La prevalenza varia tra i diversi paesi con un maggiore impatto negli USA, in Europa e Australia rispetto a Cina e Giappone e presenta un valore di circa di 0,5-1 caso per mille abitanti.
La diagnosi di esofagite eosinofila
La diagnosi può essere fatta solo considerando in modo integrato le manifestazioni cliniche e i rilievi patologici riscontrati alle biopsie esofagee. Gli elementi indispensabili da considerare sono:
- Sintomatologia clinica
- Esame istologico (numero di eosinofili > 15 per campo microscopico)
- Esclusione di altre possibili cause di eosinofilia esofagea
La sintomatologia clinica
La sintomatologia presenta delle sostanziali differenze tra bambini e adulti.
- Nei bambini sono preminenti sintomi come il vomito, il dolore addominale e nei più piccoli il ritardo di crescita [3].
- Negli adulti il sintomo di presentazione più comune è la disfagia cioè la difficoltà nella deglutizione e nel corretto transito di cibi solidi e/o liquidi fino allo stomaco. Secondo sintomo per importanza è il dolore retro sternale, ma sono possibili anche altri sintomi come il dolore all’addome superiore, il reflusso gastro-esofageo e disturbi a livello faringeo.
La ritenzione di cibo nell’esofago con ostacolo della sua progressione nello stomaco si verifica nel 33% – 54% degli adulti con EoE che talvolta si risolve solo con la rimozione del bolo tramite esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS).
Ai fini di una corretta diagnosi un ruolo fondamentale lo riveste l’anamnesi che deve essere indirizzata a indagare il rapporto tra la comparsa dei sintomi e l’ingestione dei cibi, specie se di particolare consistenza come il pane o la carne (Tabella 1).
Tabella 1. Le domande da rivolgere al paziente ai fini della diagnosi clinica
Il cibo rimane mai «incastrato» durante il pasto?
Impieghi più tempo degli altri per mangiare?
Devi frammentare il cibo in piccoli pezzetti?
Hai necessità di bere spesso durante il pasto?
Puoi mangiare la carne?
Hai necessità di farne piccoli bocconi
Puoi mangiare pane con la crosta?
Hai necessità di ammorbidirla?
Devi tenere a mente la necessità di masticare a lungo?
Preferisci maggiormente i cibi liquidi o semisolidi?
Diagnosi strumentale
Per fare diagnosi è necessario effettuare una EGDS che evidenzierà nella maggior parte dei casi la presenza di tipiche alterazioni legate ad infiammazione e restringimenti del lume esofageo.
L’utilità diagnostica di quanto viene osservato durante l’esame non è tuttavia assoluta e questo rende indispensabile, indipendentemente dagli aspetti endoscopici rilevati, l’esecuzione di biopsie esofagee in tutti i pazienti [4] ovvero il prelievo di frammenti di tessuto che verranno poi esaminati al microscopio (esame istologico).
Si considera positivo un esame che evidenzia un numero di eosinofili all’interno dell’epitelio dell’esofago > 15 cellule per campo microscopico. Nella biopsia vi sono poi ulteriori alterazioni tipiche di EoE che sono di frequente riscontro [5].
EoE: dalla diagnosi alla presa in carico del paziente
La diagnosi di EoE è purtroppo, ancora oggi, molto spesso tardiva rispetto alla data di insorgenza dei sintomi con un ritardo diagnostico che in media si aggira intorno ai 4 anni negli adulti e di circa 1 anno nei bambini [6], ritardo che può tradursi nella formazione di fibrosi della parete esofagea con conseguenti restringimenti del lume, correggibili solo con dilatazione meccanica. Le attuali opzioni terapeutiche consentono il controllo della malattia nella maggioranza dei casi ed è pertanto assolutamente indispensabile una diagnosi precoce. L’approccio multidisciplinare alla patologia con il coinvolgimento di diversi specialisti come gastroenterologo, allergologo, dietologo/nutrizionista ed eventualmente psicologo risulta fondamentale.
La valutazione allergologica
La maggior parte dei pazienti affetti da EoE presenta frequentemente altre patologie di tipo allergico come dermatite atopica, asma bronchiale, rinite allergica, allergia alimentare, etc. Per tale motivo ai fini di un corretto inquadramento del paziente e non ultimo anche per la scelta dell’approccio terapeutico più appropriato è sempre necessaria l’effettuazione di una specifica valutazione allergologica.
Terapia per l’esofagite eosinofila
La scelta della terapia non può non avvenire che attraverso un processo decisionale condiviso con il paziente e dopo attenta valutazione delle barriere mediche, nutrizionali e di aderenza che il programma terapeutico comporta [7].
Le opzioni terapeutiche attualmente possibili sono tre [8]:
- Terapia dietetica
- Terapia farmacologica
- Terapia dilatativa tramite EGDS
La terapia dietetica
È dimostrato che gli alimenti possono giocare un ruolo patogenetico importante nella malattia pur non essendo noto l’esatto meccanismo.
L’identificazione dell’alimento o degli alimenti responsabili è attualmente possibile solo attraverso delle diete di esclusione (partendo da quella più semplice di eliminazione di latte e grano a quelle più complesse fino a sei alimenti) con conseguente riscontro oggettivo di miglioramento clinico e degli esami (EGDS e istologia).
La terapia farmacologica
I farmaci attualmente disponibili sono:
- Inibitori della pompa protonica (PPI) – I PPI da assumere due volte al giorno per un periodo non inferiore a 8 settimane, sono in grado di determinare una remissione clinica ed istologica nel 30-50% dei casi. Tali farmaci possono rappresentare il primo step del trattamento farmacologico
- Corticosteroidi – I corticosteroidi per ingestione rappresentano più frequentemente una seconda opzione nel caso in cui i PPI siano risultati inefficaci. Attualmente la budesonide in soluzione vischiosa (pazienti pediatrici ed adulti) e quella in compresse orosolubili (recentemente approvata da AIFA solo negli adulti) rappresentano la prima opzione.
- Farmaci biologici – L’unico farmaco biologico che al momento ha attenuto l’approvazione da parte delle agenzie americana, europea ed italiana del farmaco per il trattamento di pazienti affetti da EoE di età superiore a 12 anni è dupilumab. Si tratta di anticorpo monoclonale che blocca l’effetto di due mediatori chiave della patogenesi della malattia.
BIBLIOGRAFIA
- Lucendo et al. United European Gastrenterol J. 2017
- Ganapathy A Prasad et al. Minnesota Clin Gastroenterol Hepatol. 2009
- Cianferoni A. et al Curr Allergy Asthma Rep 2015
- Hannah P. Kim, et al Clin Gastroenterol Hepatol 2012
- David A. Katzka et al. Am J Gastroenterol 2017
- Chehade M, J Allergy Clin Immunol Pract. 2018
- Dellon et al. Gastroenterology 2014
- Lipowska et al. Gastroenterology & Hepatology 2017
Articolo a cura di
Roberto Polillo, allergologo libero professionista presso BIOS, Roma
Alessandro Farsi e Laura Franceschini, SOSD Allergologia e Immunologia, Prato-Pistoia
Domenico Gargano, SSD Allergologia e Immunologia Clinica, AO San Giuseppe Moscati, Avellino
Carlo Maria Rossi, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia