A cura della dott.ssa Paola Minale, allergologa AAIITO
I cereali sono un alimento fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo, e la loro coltivazione esiste dai primordi. Recentemente, la ingestione di glutine è stata correlata ad una gamma di diverse situazioni cliniche accomunate dal termine di disturbi legati al glutine, rilevanti dal punto di vista epidemiologico, interessando nel loro insieme il 5% della popolazione.
La celiachia, l’allergia alimentare alla farina e la sensibilità al glutine non celiaca (GS) sono accomunate dall’agente scatenante, la farina, ma differiscono profondamente sia per meccanismo di base che per sintomatologia. Le prime due situazioni cliniche sono ben note, ed il percorso diagnostico e terapeutico sono ben definiti; nel caso della GS si tratta di una patologia relativamente recente, in cui non si è ancora ben definito il meccanismo di base e non esistono test diagnostici precisi; inoltre, presenta molte analogie con la sindrome da intestino irritabile con difficoltà nella diagnosi differenziale.
La celiachia
La celiachia è una malattia autoimmune in cui i peptidi derivanti dal glutine rappresentano gli agenti scatenanti la risposta autoimmunitaria localizzata nell’intestino tenue, dove si verifica una enteropatia che porta poi al malassorbimento con tutti i suoi effetti secondari. Sono note la prevalenza di 1:100, la predisposizione genetica (HLA DQ2/DQ8) per la malattia, le complicazioni a lungo termine e le associazioni con altre malattie autoimmuni.
La diagnosi, basata sul dosaggio di Ac antitransglutaminasi IgA (TGG), Anticorpi anti endomisio (EMA) per i casi dubbi, o antigliadina deamidata (DPG) test che nel loro insieme hanno una elevata sensibilità e specificità, insieme alle biopsie intestinali garantiscono una diagnosi corretta nella grande maggioranza dei casi.
I sintomi più classici della celiachia sono rappresentati da:
- diarrea
- calo ponderale
- malnutrizione
- malassorbimento
ma esiste un ampio spettro di sintomi più sfumati che minano l’intestino irritabile, sintomi neurologici e cerebellari, aumento delle transaminasi. Relativamente frequente, e sempre da indagare, la associazione con tiroidite autoimmune, diabete e più raramente con dermatite erpetiforme e infertilità.
La sensibilità al glutine non celiaca (GS)
La sensibilità al glutine non celiaca, detta anche “Gluten sensitivity” (sensibilità al glutine), intolleranza al glutine, o sensibilità non celiaca alla farina, è stata descritta per la prima volta nel 1979, con un centinaio di articoli scientifici fino agli anni 2000; da allora si contano centinaia di articoli, stimolati sia da un interesse di sanità pubblica sia da interessi commerciali riguardanti i prodotti senza glutine.
Viene così definita una condizione in cui i sintomi intestinali e generali sono legati alla ingestione di alimenti contenenti glutine, in soggetti in cui sia già stata esclusa la celiachia o una allergia alle proteine del grano. A partire da questa iniziale descrizione, concordata da un gruppo di esperti nel 2014 (Salerno experts criteria), il concetto di GS si è ampliato recentemente con l’attribuzione di un ruolo causale anche ad altre proteine della farina, oltre al glutine.
La sintomatologia, che compare immediatamente dopo la ingestione di glutine, è caratterizzata da:
- dolore addominale
- meteorismo
- alterazioni dell’alvo
con associati sintomi generali di stanchezza, cefalea, dolori muscolari o articolari, e rash o eczemi cutanei.
La dieta priva di glutine risolve la maggioranza di tali sintomi. La mancanza di markers diagnostici rende spesso difficile il corretto inquadramento; punti fondamentali sono la esclusione della celiachia, quantomeno con l’analisi genetica e con un test di provocazione con glutine a basso dosaggio. La mancanza di criteri diagnostici attendibili rende i dati della prevalenza della GS molto variabili, dallo 0,6 al 10% della popolazione generale a seconda degli studi considerati. E’ da notare come attualmente, in particolare negli Stati Uniti, la percentuale dei cosiddetti “ free from” “clean eaters” o “lifestyle”, cioè dei soggetti che scelgono di evitare il glutine perché lo ritengono, pur senza basi scientifiche, un sano stile di vita, interessa tra il 6 e il 12% della popolazione.
La sindrome da intestino irritabile (IBS)
Anche la sindrome da intestino irritabile (IBS) presenta molte analogie sintomatologiche con la GS, ed è influenzata da fattori dietetici, tanto che si riconosce un sottogruppo di casi di IBS legati alla ingestione di alimenti a base di farina. La prevalenza di IBS è del 10-20% della popolazione, e circa la metà dei Pazienti che effettuano una visita per problemi gastroenterologici hanno sintomi simili a quelli della IBS. Circa l’80% dei Pazienti riferisce sintomi postprandiali e il 40% una “intolleranza “alimentare.
Ma quali sono le componenti della farina che possono essere dannose sia per un soggetto con GS che per uno con IBS?
- Il GLUTINE è la principale proteina strutturale del GRANO, composta di due frazioni una solubile in acqua ed una nell’alcool, gliadina e glutenina. Proteine omologhe sono presenti anche nell’orzo e nella segale. Le proteine del glutine sono le proteine di deposito del grano (ma anche della segale e dell’orzo) e rappresentano l’80% circa del totale. La composizione varia in base alla specie del grano, al cultivar, condizioni di crescita legate al suolo e al clima, e alla processazione.
- Le ATIs (inibitori di amilasi/tripsina) hanno una funzione antiparassitaria naturale, sono molto abbondanti negli attuali grani esaploidi, e basse nel farro, nel grano duro tetraploide e nel piccolo farro diploide, possono determinare una attivazione del sistema immunitario innato, stimolando la infiammazione intestinale. Sono le responsabili dell’asma allergico dei panettieri. La agglutinina del germe di grano sembra avere una attività proinfiammatoria.
- I FODMAPS sono rappresentati da oligosaccaridi del fruttosio (fruttani) e del galattosio (GOS, stachioso, raffinoso), disaccaridi (lattosio)monosaccaridi (fruttosio) e polyoli come sorbitolo, mannitolo, xylitolo e maltitolo che nella norma sono resistenti alla digestione nel piccolo intestino e fermentabili in maniera completa o parziale nel colon. Nella farina sono contenuti dei fruttani, che ne determinano la resistenza alla siccità e al freddo. La lievitazione e la fermentazione della farina ne riducono la quantità. Sono contenuti anche nella frutta e nella verdura e nei latticini. I fruttani hanno un importante ruolo nella modulare la composizione del microbiota; i sintomi di sottogruppi di Pazienti con IBS sembrano dovuti alla fermentazione batterica nel colon e alla produzione di gas ed alla distensione della parete addominale, e la eliminazione della farina dalla dieta è riconosciuta come un provvedimento che migliora significativamente la sintomatologia.
La sensibilità al glutine non celiaca e la sindrome da intestino irritabile con specifica sensibilità al glutine sono situazioni cliniche con sintomi sovrapponibili; è importante ricordare con in entrambi i casi gli approcci dietetici rappresentati da una dieta senza glutine o da una dieta priva di FODMAP possono essere dannosi per il microbiota e per l’apporto nutrizionale; devono quindi essere sempre precedute da un approfondimento medico e dietologico.
L’allergia alimentare da farina
Nella allergia alla farina la via di esposizione e la molecola allergenica sensibilizzante possono determinare situazioni cliniche diverse: l’asma e rinite del panettiere, l’allergia alimentare alla farina, più frequente nell’infanzia, e la allergia alla farina indotta dallo sforzo fisico (WDEIA), più frequente nell’adulto e la orticaria da contatto.
Nella farina sono stati individuati una ventina di allergeni diversi, correlabili con le suddette patologie; la diagnosi si basa sulla storia clinica e su test cutanei (Prick test) o sierologici (Immunocap, ISAC, Alex) che rivelano la presenza di anticorpi specificamente diretti verso le molecole allergeniche. La sensibilità e specificità dei test non sempre è ottimale, e per una conferma definitiva possono essere necessari test di provocazione in vivo (test di provocazione in doppio cieco con placebo o in aperto) o ulteriori test immunologici.
La sintomatologia, nella allergia alimentare da farina, è rappresentata classicamente da prurito, orticaria, angioedema, ostruzione bronchiale, nausea e vomito, dolore addominale e diarrea, fino ad arrivare allo shock anafilattico. La reazione, a differenza da celiachia e GS, è immediata. In alcuni casi è anche ipotizzabile un quadro assimilabile alle enteropatie da proteine alimentari, più frequenti nell’infanzia, e che possono essere diagnosticate solo con test di provocazione orale in doppio cieco con placebo; attualmente accertamenti endoscopici e bioptici mirati sembrano aver dimostrato una attivazione immunologica con una compromissione della barriera intestinale e alterazioni della flora microbica.
allergia, celiachia, glutine, GS