A cusa di Maria Carmen Montera e Giuseppe Pingitore, allergologi AAIITO
L’allergia alimentare rappresenta un problema molto comune in età pediatrica il cui principale trattamento consiste tutt’oggi nell’eliminazione dalla dieta degli alimenti responsabili dei sintomi. Tuttavia, negli ultimi anni sono diventati sempre più frequenti i tentativi di indurre la tolleranza alimentare tramite la Desensibilizzazione Orale Per Alimenti (DOPA) consistente nella somministrazione graduale e progressiva di un alimento partendo da piccole dosi con l’obiettivo di arrivare a una quantità predeterminata (considerata protettiva) oppure alla dose massima tollerata dal paziente.
Qual è quindi il reale l’impatto dell’allergia alimentare in età pediatrica?
Alcuni studi stimano una prevalenza di allergia alimentare in età pediatrica fino al 20% anche se il dato più realistico è compreso tra lo 0,5% ed il 5% secondo trials condotti utilizzando il test di provocazione con l’alimento sospetto, ad oggi, il criterio diagnostico più attendibile[1]. Troppo spesso, infatti, capita che un bambino venga sottoposto ad una dieta di eliminazione in base al semplice sospetto clinico, ad una positività al prick test, o ad valore elevato di IgE specifiche sieriche. Un percorso diagnostico-terapeutico specialistico deve essere avviato solamente a fronte di una anamnesi suggestiva evitando un approccio “semplicistico” fondato sull’esecuzione delle “prove allergiche” quasi sempre seguite dall’impostazione di una dieta di eliminazione, il più delle volte inutile.
Sono solo otto gli alimenti che causano il 90% delle allergie nei bambini:
• nei primi anni di vita: latte e uova
• successivamente: arachidi, soia, frutta a guscio, grano, crostacei e pesce.
Prevenzione delle allergie nel primo anno di vita: cosa è cambiato?
Negli anni ‘80 e ‘90 si pensava che l’assunzione precoce, nei primi mesi di vita, di questi alimenti potesse favorire la sensibilizzazione e il successivo sviluppo di allergie alimentari. I pediatri, pertanto, nell’attuare lo svezzamento, ritardavano l’introduzione degli alimenti ritenuti “allergizzanti”. Tale strategia preventiva si è dimostrata non solo inefficace, ma forse addirittura dannosa. Si sono accumulate, infatti, numerose evidenze a conferma del fatto che ritardare l’introduzione degli alimenti solidi oltre il 6° mese di vita non previene l’allergia alimentare anzi può favorirla. Circa la durata ottimale dell’allattamento al seno gli specialisti di allergologia e di nutrizione infantile concordano sull’opportunità di prolungarlo, laddove possibile, almeno per i primi 6 mesi di vita e, in ogni caso, di non sospenderlo durante tutto il periodo dello svezzamento, da iniziare tra il 4° e il 6° mese di vita.
E allora quando va introdotto il latte vaccino?
Fino al 2014 si raccomandava, al posto del latte materno, l’utilizzo di formule lattee a ridotta allergenicità, ma recentemente queste raccomandazioni sono state messe in discussione[2]. Oggi, sia nei casi di mancanza del latte materno sia al momento dello svezzamento, gli esperti consigliano di ricorrere alle normali formule derivate dal latte vaccino.
E le uova di gallina? Fino a pochi anni fa l’uovo veniva introdotto nella dieta del lattante con grande cautela: non prima dei 6-7 mesi il tuorlo, e non prima dell’anno l’albume. Numerosi trials hanno mostrato come sia più vantaggiosa, ai fini della riduzione del rischio di comparsa di allergia all’uovo nei mesi successivi, un’introduzione precoce, cioè tra il 4° e il 6° mese di vita[3].
L’unica situazione che richiede una certa prudenza riguarda il bambino affetto da dermatite atopica medio-grave: in questi casi l’introduzione dell’uovo deve essere preceduta da una valutazione allergologica che escluda l’esistenza di una sensibilizzazione verso le proteine dell’uovo, potenzialmente pericolosa al momento dell’assunzione dell’alimento.
Il caso arachidi, una precoce introduzione riduce il rischio di sviluppo di allergie.
Nonostante si tratti di un alimento poco usato nei primi anni di vita nei paesi non-anglosassoni, è quello che ha raccolto le evidenze maggiori circa l’utilità di una precoce introduzione nella dieta del lattante, al fine di ridurre il rischio di comparsa di allergia all’arachide[4].
Nei lattanti “ad alto rischio”, affetti da dermatite atopica grave, allergia all’uovo o entrambe, è raccomandata l’introduzione delle arachidi durante lo svezzamento (tra il 4° e l’11° mese di vita), sotto forma di burro, crema, granulato.
Trattamento delle allergie alimentari del bambino: dieta di eliminazione vs desensibilizzazione
In passato l’unico approccio terapeutico alle allergie alimentari del bambino era l’eliminazione assoluta dell’alimento dalla dieta. In questo modo, da una parte si “congela” il problema nel tempo, senza attivare nessuna azione di stimolo alla tolleranza immunologica, d’altra parte si espone il bambino al rischio di gravi reazioni che si potrebbero verificare anche per minime quantità di alimento assunto erroneamente. Oggi , la sfida nel trattamento delle allergie alimentari è rappresentata dalla DOPA, Desensibilizzazione Orale per Alimento, una procedura che consiste nella somministrazione dell’alimento “incriminato” iniziando con dosi molto basse e aumentandone lentamente e progressivamente le quantità; questo tipo di approccio è praticabile, da un’equipe medica esperta solo in un ambiente idoneo ad affrontare eventuali reazioni. La DOPA, al momento ancora sperimentale, oltre a consentire in molti casi di “tollerare” l’alimento sotto altra forma (ad esempio, molti bambini tollerano il latte e l’uovo sotto forma di prodotto da forno, o semplicemente cotti), permette di aumentare progressivamente la quantità di alimento tollerata dal bambino. L’importante risultato è un notevole miglioramento della qualità della vita del bambino e della famiglia, terrorizzati da possibili reazioni che possano verificarsi per assunzioni inconsapevoli di piccole quantità dell’alimento, considerando anche i tanti momenti della vita quotidiana (scuola, attività sportiva, gite scolastiche, feste) in cui può mancare un controllo da parte dei genitori.
In conclusione, l’approccio alle allergie alimentari in età pediatrica deve essere particolarmente attento e motivato, soprattutto per quelli che possono essere effetti negativi derivanti dall’impostazione di diete di eliminazione non necessarie o addirittura dannose, sia in termini di tolleranza immunologica che di qualità della vita.
[1] Muraro A et al. EAACI Guidelines: Food Allergy and Anaphylaxis Guidelines. Allergy 2014 Aug;69(8):1008-25
[2] Osborn DA et al. Infant formulas containing hydrolysed protein for prevention of allergic disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2018, Issue 10. Art. No.: CD003664
[3] Ierodiakonou D et al. Timing of Allergenic Food Introduction to the Infant Diet and Risk of Allergic or Autoimmune Disease A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA 2016;316(11):1181-1192
[4] Du Toit G et al. Randomized Trial of Peanut Consumption in Infants at Risk for Peanut Allergy (LEAP study). N Engl J Med 2015;372:803-13
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